L'antichità della Chiesa valdese

Un retaggio da non dissipare e vanificare, come fanno tanti "moderni" presunti portavoce di questi antichi eroi della fede.

TESTIMONIANZA DI TRE PADRI INQUISITORI CIRCA L' ANTICHITÀ DELLA CHIESA VALDESE

di Camillo Mapei

Tre distinti Inquisitori che scrissero in vari tempi fanno testimonianza della remotissima antichità della Chiesa valdese, e certamente la loro testimonianza è preziosissima, né può credersi dettata da parzialità verso 1'eresia, oggetto del loro santissimo odio e benedetta ferocia. Il loro giudizio è di gravissimo peso. Quando codesti sanguinolenti barbassori si fanno a discutere sull'origine delle eresie han pieno diritto d'esser creduti. Mi sia permesso addurre un paragone, basso bensì, ma giusto, e corrispondente a capello al nostro caso. Chi può conoscer meglio l'età d' un bue o d'una pecora, che un destro macellaio? Così nessuno può con maggior giustezza decidere dell'antichità d'una eresia, che un Inquisitore, il carnefice degli eretici. Se dunque i tre Inquisitori che hanno trattato di questo soggetto si dichiarano unanimemente inabili a definir 1'epoca quando la Chiesa valdese ebbe cominciamento, questa loro dichiarazione potrà giustamente riguardarsi come una confessione dell' antichità remotissima, anzi dell'apostolica origine di lei.

Abbiamo la testimonianza chiarissima del F. Raniero Sacco, di cui abbiamo fatto menzione in un articolo precedente. Costui era un acerbissimo nemico dei Valdesi del Piemonte, ch'egli distingue nel suo libro contro gli eretici col nome di Leonisti, da quel cotal Leone che fuggì da Roma sotto il regno dell' Imperator Costantino, e cercò asilo nelle valli a pie delle Alpi. Questo inquisitore, prima di vestir l'abito domenicano, era stato egli medesimo frai Valdesi, ed era stato educato nelle loro dottrine.
Ecco le di lui parole: "Di tutte le sette che esistono, o ebbero mai esistenza, non' havvene alcuna cotanto perniciosa alla Chiesa, quanto quella dei Leonisti (cioè i Valdesi), per tre ragioni. In primo luogo perchè è la più antica, essendosi, secondo alcuni, conservata in esistenza fin dai tempi del Papa Silvestro (sul cominciar del quarto Secolo,)' e, secondo altri, fin dagli Apostoli. II, perchè è la più estesa; essendovi appena alcun paese in cui non abbia messo radici. III, perchè, mentre tutte le altre sette colpiscono di orrore coloro che loro porgono orecchio colle atroci bestemmie che proferiscono contro Dio, questa setta dei Leonisti manifesta grandissima apparenza di pietà, e coloro che vi appartengono osservano stretta giustizia inverso gli uomini, nutrono vera fede in Dio, e credono tutti gli articoli del simbolo cristiano".
Che luminosa testimonianza è mai questa dell'antichità, e della pura fede dei Valdesi! Forse che questo Inquisitore era di opinione che i Valdesi traessero origine da Pietro Valdo, il mercante di Lione? Egli scrisse il suo libro nel 1240, circa settant'anni dopo la scomunica fulminata contro Valdo. Egli parla nel suo libro dei seguaci di Valdo, ch' egli non considera altrettanto perniciosi quanto i Valdesi ch'egli chiama Leonisti. Perchè? Perchè i Leonisti erano assai più antichi dei seguaci di Valdo. Abbiamo dunque in Raniero Sacco, un inquisitore, uno che era in condizione di conoscere tutto ciò che in quel tempo sapeva dell' origine dei Valdesi, sia tra il popolo, sia tra il clero; uno che era in possesso di tutta la secreta merce che forma il tesoro dell'inquisizione, uno ch'era stato egli medesimo un Valdese, eppure egli porge una testimonianza a loro favore contro la Chiesa romana; egli dichiara apertamente che Pietro Valdo non fu il fondatore della Chiesa Valdese, egli si dichiara inabile a fissar 1' epoca in cui la Chiesa delle valli ebbe principio. Né ciò soltanto, ma si mostra inchinevole a ricevere come autentiche le tradizioni correnti fra loro.Forse qui taluno dirà che costui viveva in un' epoca tenebrosa, quando gli studi critici non erano conosciuti, quando le più assurde leggende e le false tradizioni erano accolte dall' avida credulità delle moltitudini ignoranti come storie genuine. 
Benissimo, e siffatta riflessione è più che giusta. Vorrei però che la Chiesa romana tenesse innanzi agli occhi codesta riflessione, quando si fa a sciorinare le sue tradizioni raccolte in fascio nella notte de' tempi mezzani. Facciamoci adunque a consultare un altro Inquisitore che scrisse nel 1631. Il frate Belvedere, nella sua relazione inquisitoria all' illustre congregazione di Propaganda in Roma, viveva in un' epoca quando la critica cominciava ad essere ben intesa. Qual' era la di lui opinione circa la Chiesa Valdese? 
Ecco le di lui parole: "In tutte le epoche della storia si trovano le valli del Piemonte infette di eresia." Che ampia confessione contiensi in queste poche espressioni! In tutte le epoche delia Storia!!! Non v' ha dunque nella storia un periodo in cui 1' esistenza della Chiesa Valdese possa richiamarsi in dubbio? Non è adunque vero che dessa ebbe principio nel secolo XII? Non fu adunque Pietro Valdo che die origine ai Valdesi? Nò certamente, nò; è la risposta dell' inquisitore Belvedere. Taluno soggiungerà forse che 1'opinione di questo inquisitore non debba considerarsi di gravissimo peso, non essendo chiaro ch' egli avesse fatto speciali ricerche circa 1' origine dell' eresia nelle Valli del Piemonte. Ebbene, mettiamoci in cerca di qualche altro Reverendissimo, le cui fatiche furono specialmente dirette ad investigare 1'origine dell' Eresia Valdese. 
Havvi un libro che ha per titolo: "Introduzione dell' Eresia nelle valli del Piemonte." L'autore di questo libro è il celebre Inquisitore Marco Aurelio Borenco. Ecco com' egli si esprime: "Circa 1' origine di questi Apostolici (come sogliono chiamarsi) nulla di certo può dirsi, eccetto che probabilmente Claudio (Vescovo di Torino) gli indusse a separarsi dalla Chiesa romana nel nono secolo, e che non erano una nuova setta nel nono e nel decimo secolo." Questo Inquisitore che aveva ricevuto una missione speciale per investigare 1' origine dell' eresia nelle Valli, che ebbe il privilegio di scartabellare tutti i manoscritti degli archivi di Torino, e dell'Inquisizione in Roma: egli che non mancò certamente di far tutto il possibile per giungere ad una conchiusione favorevolissima alla Chiesa Romana, giunse alla sola conchiusione che nulla di certo può dirsi circa f origine di questa eresia. Non abbinili noi forse il dritto d' interpetrare quell' arguta frase nulla di certo nel suo vero senso, che nulla affatto possa dirsi circa 1' origine della Chiesa Valdese?Appar manifesto dal modo in cui si esprime, che egli avea studiato con somma alacrità tutti i documenti dei corsi secoli. Egli si esprime laconicamente circa il risultato delle sue ricerche. I Valdesi, egli dice, non erano una nuova setta nei secoli nono e decimo! Non abbiam noi forse il dritto d'inferire ch' egli avesse trovato qualche cosa di più di quel che stimò conveniente di far palese? Non abbiam noi forse il dritto d' interpretrare quelle scaltre espressioni, non erano una nuova setta, nel senso ch' erano un' antichissima setta anche a quell' epoca? Nel prossimo numero ci faremo ad esaminare la testimonianza di S. Bernardo, del monaco Eckberto, ed altri antichi scrittori che daran lume maggiore a questo punto di storia importantissimo. La confessione dei tre Inquisitori circa la remotissima antichità della Chiesa valdese verrà corroborata dalla testimonianza dei più caldi difensori della Chiesa Romana.
Camillo Mapei (da "L'eco di Savonarola", agosto/settembre 1852, Vol. VI).

Vedasi questo antico testo valdese del XII secolo in Occitano, "La nobla leyczon", descritta qui dalla Wikipedia occitana.

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